Viaggio nella Roma all'americana che non funziona più

02/11/2024 alle 11:31.
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Ma ce fanno o ce so'? A Roma la domanda si rincorre lungo i sentieri della passione giallorossa. Ma visto il clamore degli ultimi eventi, abbraccia anche l'universo laziale e quello del vecchio caro Generone, tra imprenditori, politici, finanzieri. Perché dall'agosto di quattro anni fa la famiglia Friedkin è proprietaria della Roma, nella quale - centesimo più centesimo meno, ha investito finora quasi un miliardo di euro. Insomma, mica caramelle. E allora la risposta sarebbe: ce fanno. Vale a dire, fanno i finti tonti, i finti sprovveduti. D'altronde non accumuli un patrimonio di oltre 7 miliardi di dollari per caso, salendo nel gruppo dei duecento uomini più ricchi degli Stati Uniti e tra i primi cinquecento del mondo. E allora? Perché questa crisi di un asset come l'As Roma che offre molta visibilità, non solo in Italia? (...) A parte qualche ristretto collaboratore, nessuno ha mai sentito la loro voce. Mai una conferenza stampa, una dichiarazione, un saluto. Al massimo, qualche stringato comunicato. Solo una volta, a un raduno di aerei - la grande passione di Dan che ama pilotare personalmente i jet quando viene in Italia - a Pratica di Mare, un giornalista intercettò pochi secondi di slang texano con la voce sottile quasi in falsetto. Loro, a differenza del connazionale James Pallotta che parlava a più non posso (anche a sproposito), tacciono. Dei Salinger della parola. Il vasto patrimonio certificato e le mosse strategiche sorprendenti, prima tra tutte l'ingaggio di José Mourinho, avevano fatto alzare le spalle ai tifosi. E chi se ne frega se stanno zitti. Bei tempi. Ed in effetti quello del 2021 al 2023 è stato, per così dire, il periodo migliore. Lontano da algoritmi e scelte esterofile. (...) Nel gennaio del 2023, ecco il solito volo transatlantico, l'arrivo a Trigoria di prima mattina e il benservito choc a Mou che aveva intuito qualcosa, ma non pensava a un epilogo degno delle Idi di Marzo. A quel punto: Daniele De Rossi, una delle icone della religione romanista, l'unico che poteva anestetizzare lo choc per l'addio del portoghese che aveva riempito l'Olimpico a ogni partita. Con DDR, per un po', la Roma ha fatto cose egregie. Poi, finito l'effetto emozionale, si è pensato al futuro. E qui è emerso, deflagrante, l'altro aspetto dei Friedkin, allergici alla romanità, anche cittadina. Per la trattativa conclusiva con Pallotta riservarono un intero hotel sul litorale laziale, altro che le suite con vista su Piazza del Popolo e passeggiate turistiche del predecessore. E la scelta di collaboratori non italiani. Direttore sportivi stranieri - prima il portoghese Pinto, poi il francese Ghisolfi - e soprattutto la pleni-potenziaria Lina Souloukou, che Mourinho ribattezzò la Giraffona. Algida, greca, con poca dimestichezza col pallone, ma spietata nel ruolo di tagliatrice di conti e di personale, vera reginetta (perfida anzichenò) nel recinto di Trigoria. Con lei prima Mourinho e poi De Rossi non hanno legato (eufemismo) fino all'esonero di Danielino suggerito dalla Nostra ai texani, perché non funzionava più. Dan e Ryan si sono fidati. E, pentiti del rinnovo di tre anni a De Rossi, vergato all'inizio dell'estate scorsa malgrado l'opposizione di Lina, hanno compreso che lei aveva ragione e loro torto. Salvo poi scoprire l'opposta realtà. E spingere fuori dal cancello di Trigoria la stessa Giraffona con delle dimissioni fortemente indotte. (...)

(Il Foglio)