IL TEMPO (F. BIAFORA) - Un silenzio assordante sul destino di Juric. Nel giorno in cui quasi tutti i tifosi romanisti si aspettavano la comunicazione dell'esonero dell'allenatore croato, arrivato in corsa per sostituire De Rossi, i Friedkin hanno deciso di non decidere. E di prendere altro tempo. Con la partita infrasettimanale contro il Torino che incombe, i proprietari della Roma hanno dato il via al classico giro di consultazioni tra dirigenti (ridotti all'osso) e consulenti per capire che fare con la questione panchina, optando per ulteriori riflessioni nonostante le innumerevoli pressioni del tifo dopo la figuraccia in casa della Fiorentina. E stata infatti mantenuta una posizione attendista su Juric: dal club, su input degli imprenditori di Houston, non è filtrata alcun tipo di conferma per lui. Cosa che invece era immediatamente accaduta nelle scorse settimane a seguito dei risultati negativi contro Elfsborg, Monza e Inter, sfide dopo le quali si era iniziato a parlare di un possibile avvicendamento della guida tecnica. Prontamente smentito dalle parti di Trigoria. La sorte dell'allievo di Gasperini resta quindi appesa ad un filo sottilissimo e, nel caso in cui si scegliesse di rimandare tutto al post-Toro, senza una vittoria con i granata sembrerebbe veramente difficile immaginare che gli venga concessa ulteriore fiducia. Anche se fino alla sosta si gioca senza alcuna interruzione, procedere su questo tragitto non è ammissibile. Ma pensare che tutti i problemi di una società in macerie dopo l'era Souloukou, lasciata colpevolmente libera di disintegrare il club senza alcun tipo di controllo, si risolvano con un cambio in panchina appare un discorso miope. Presidente e vice sembrano ripetere, come in un loop, errori clamorosi, dimostrando di aver imparato davvero poco del mondo del calcio dopo più di 4 anni di gestione e gettando all'aria il clamoroso consenso che avevano prima della finale di Europa League contro il Siviglia. Sembra proprio che la loro presidenza -basata molto sull'operare in maniera opposta rispetto agli errori di Pallotta - si sia fermata a quella sfida, con il caos originato dalla guerra fredda con Mourinho per il mancato appoggio sulla protesta nei confronti degli arbitri e dell'Uefa dopo la direzione di Taylor. Da fin poi la Roma non si è rialzata, con una serie di eventi che farebbero impallidire qualsiasi sceneggiatore cinematografico per la quantità di colpi di scena ed eventi traumatici. Le ripetute dimissioni di Pinto, accettate alla terza occasione, i giorni del mancato esonero di Mourinho post Genoa-Roma (Nagelsmann era il prescelto), l'effettivo licenziamento dello Special One a gennaio e l'incarico dato a De Rossi, rinnovato con un contratto di tre anni firmato il 25 giugno, i lunghi mesi per scegliere Ghisolfi, la mancata cessione di Dybala e il repentino cambio di strategia sul calciomercato, la separazione con DDR, il contratto fino a fine stagione (con opzione in caso di Champions) con Juric e le «di-missioni» del Ceo, ancora non sostituita nonostante diversi colloqui. Sono solo le punte di vari iceberg di quanto successo nel buco nero di Trigoria, con molte altre scelte minori, che, messe insieme, stanno sbriciolando la società. Ed è un paradosso pensare che i Friedkin siano i proprietari che più di ogni altro abbiano investito nella Roma, andando a spendere un miliardo nella loro avventura calcistica. La situazione è esplosiva e si naviga (forse sarebbe meglio dire «si affonda») a vista, con uno spogliatoio che, per ammissione dello stesso capitano, non ha mai digerito il benservito a De Rossi. A prescindere dallo Juric sì o Juric no, la Roma ha bisogno di una pesante rivoluzione e, a partire dalla dirigenza, di rimettere le fondamenta per cercare il rilancio e di uscire dalle sabbie mobili in cui si è finiti. Appuntamento alle 15 per il nuovo allenamento di Juric - ieri lungo discorso in sala video -, che spera che la rabbia vista nello spogliatoio del Franchi sia mostrata anche in campo.