Mancavano due giorni alla finale di Tirana, a maggio di un anno fa. Erano mesi che Nicolò Zaniolo e Mourinho si parlavano a stento, che l'attaccante potesse partire titolare non lo immaginava nessuno. In allenamento Mourinho gli si avvicina e gli chiede: «Non vuoi proprio giocarla la finale?». Lui lo guarda: «Certo che voglio giocarla, mister». «Allora preparati perché la giocherai». Il resto è storia: Conference League alla Roma, 1-0 al Feyenoord. E ovviamente gol di Zaniolo.
Cinque finali e 5 vittorie il Siviglia. Sei finali europee e sei vittorie Mourinho. Lo schema? Togliere pressioni, scatenare reazioni. Due sedute video da 30 minuti con la squadra. Poi stemperare. Con qualche eccezione. In queste ore Mou avvicinerà Dybala e ne stimolerà una reazione. Prima di Roma-Salernitana lo ha spedito in tribuna quando lui gli ha detto di non farcela. Il modo per accendere il fuoco nel suo cuore.
Lo fece, tredici anni fa, con Maicon. Il martedì prima della finale di Champions José disse alla squadra che sarebbero partiti per Madrid un giorno prima. Il brasiliano se la prese: «Mister, ma così stiamo tre notti in ritiro». «Resta qui se non hai voglia». La prima sera di ritiro, José si presentò in camera sua con due birre: «In ritiro ti annoi? Ti faccio compagnia io». A Materazzi invece diede una busta qualche giorno prima: «Tieni, è una lettera per te, aprila dopo la partita». C'era scritto: 2-0 per noi. Il risultato esatto. Tecniche mentali di gestione di un gruppo. Al Porto convinse Deco e Ricardo Carvalho a non fuggire dopo la vittoria della Coppa Uefa promettendo che l'anno dopo avrebbero vinto la Champions. La storia, anche quella volta, gli ha dato ragione.
Forse per questo, oggi, smania in attesa del volo che lo porterà a Budapest: «Mi dispiace solo non poter giocare una finale ogni settimana». E se anche poi andasse via, non ci sarebbe modo migliore di vincere, per salutarsi.
(La Repubblica)