LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Una sola risposta per una doppia domanda. I calciatori. Doverosa una premessa. La madre di tutte le colpe è ovviamente degli americani. Americani della prima era e americani attuali, perché hanno colpe simili pur avendo gestito la Roma in modo opposto. Assenza di carisma, assenza di dirigenti negli organigrammi in grado di fare tremare lo spogliatoio e di rappresentare al tempo stesso il sodalizio.
Neanche Sabatini riuscì a farlo. Frontman per necessità, ha esaltato il gusti di chi lo ha idolatrato quasi più per la dialettica che per le operazioni di mercato, per conferenze stampa alla nicotina mentre enunciava frasi considerate a effetto soltanto perché usava un linguaggio diverso dal solito banale linguaggio calcistico. Ma Sabatini era uno splendido direttore sportivo-talent scout e non un frontman. Divenne primadonna in una Roma in cui il grande assente Baldini e una schiera di dirigenti lasciavano il palco a lui, che da quando ha lavorato a Roma si è irrimediabilmente innamorato dei microfoni.
Le lacune gestionali e di rappresentanza, coi Friedkin sono addirittura aumentate. Americani e Americani duepuntozero potranno pure vantarsi di una manciata di piazzamenti in Champions League e di una Conference League, ma in quattordici anni hanno fatto molto meno di quanto propagandato. Colpe del club, dunque, come presupposto doveroso.
Dopo il club, i responsabili sono i calciatori. Sempre loro. I feticisti del sesto posto. Hanno accoltellato, moderni Bruto e Cassio, l'unico allenatore nella loro banale carriera che sia riuscito a guidarli verso un trofeo. Quasi due trofei, perché Budapest griderà vendetta in eterno. Calciatori con stipendi da scudetto che a malapena riescono a ottenere un posto in Europa League. Carnefici a metà gennaio, sedicenti vittime con la sindrome di Calimero a metà settembre.
Colpevolmente ascoltati quando c'era da decapitare il portoghese, piagnucolanti orfanelli quando c'è da rimpiangere De Rossi, per il quale si sono talmente impegnati da raccogliere risultati ridicoli all'inizio di questa patetica stagione. E ora? Ora sulla padella c'è Juric. Ai fornelli ci sono sempre loro. Che fino a poche settimane fa hanno goduto di alibi eterni, infiniti. Collezionisti di sesti posti e di teste di allenatori. Incapaci, lo ha fatto intendere il capitano, di voltare pagina dopo quattro partite giocate pure male col predecessore di Juric. Quattro partite, non quattrocento.
E ora? Ora rivorrebbero De Rossi. E con tutto il bene che si vuole a De Rossi, sarebbe auspicabile che non tornasse. Per non darla vinta a uno spogliatoio che sta esaurendo credito e immunità. Perché con tutte le storture di un club mal gestito come quasi sempre quando a capo di società di calcio europee ci sono gli americani, questa squadra non può stare a dieci punti dopo nove partite. È una bestemmia urlata in chiesa. Nessuno si salva da solo? Stavolta devono salvarsi da soli. Non dalla Serie B, la Roma in B non ci andrà. Salvare la faccia. Di un club raso al suo dalla mala gestione e dalla presunzione di un gruppo che quando gli scadrà il contratto sarà sempre troppo tardi.
In the box - @augustociardi75