LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Alcuni hanno persino provato piacere nel vederli assoluti protagonisti in una serata di gala. Altri hanno imprecato, maledicendoli. Molti ci sono rimasti male, come se Dzeko e Mkhitaryan i gol della semifinale li avessero segnati contro la Roma. Non se ne esce. Il morbo dell'ex è da decenni nell'aria di Roma, si diffonde attraverso le condutture dell'acqua e gli impianti di aerazione. Da Alisson a Salah, passando per Marquinhos, a Rudiger che annulla Haaland, fino ai due interisti. Per non parlare di Spalletti! Lui non escluse il ritorno, ma in fondo da Roma non se n'è mai andato, perché basta leggere un risultato del Napoli e parte il sospiro o la bestemmia, e poi via, tutti divisi appassionatamente, a raccontare aneddoti, a perorare cause. E "se lascia il Napoli non lo vorresti di nuovo a Roma in caso di cambio allenatore?"
Maggior di Roma tu non vedrai mai nessun'altra piazza che rimugina in tal modo sul passato. Discorsi divisori, poco costruttivi, finalizzati semmai a rivendicare idee e pareri, teorie e filosofie. Roma campione del mondo nella specialità "te lo riprendesti X?", perché se a gennaio hai due centrocampisti in infermeria, stai pur certo che verrà lanciato il sondaggio per testare la voglia di riprendere Nainggolan per sei mesi. Se l'allenatore è crisi, un tempo si invocava il ritorno di Zeman e dei gradoni, o del sergente di getto Rocca, oggi Spalletti è tallonato dalla new entry De Rossi, a meno che in caso di grossa emergenza non si tiri la maniglia Ranieri. Non se ne esce.
Laddove Boniek, Völler e Falcao alla voce Direttore tecnico da chiamare per l'area tecnica, sono stati idealmente affiancati da Totti, candidato a qualsiasi ruolo e incarico, purché ci sia, magari pure in campo, perché "tu nun je la faresti fa' 'na ventina de minuti quando se la sente?". L' ennesimo giro di valzer con Dzeko e Mkhitaryan suona per due ultratrentenni che dopo sei e tre anni in giallorosso hanno firmato per una squadra di Milano che gioca in Champions League. Perché? Perché sì! Perché i rapporti finiscono, e se sono rapporti calcistici finiscono pure prima. Perché non deve sempre esserci un motivo al veleno quando ci si lascia, e perché, in fondo, a Milano, di bello non c'è soltanto il treno per Roma, perché si vive bene pure a Milano, perché se sei ricco e famoso si vive ancora meglio, perché per un calciatore straniero lasciare Roma per giocare nell'Inter non è un trauma. Anzi.
Non bastano questi perché? Ovvio, altrimenti a ogni gol del bosniaco, a ogni scatto di Salah, dopo ogni tackle di Rudiger, non partirebbe la corsa a chi conosce più segreti sulla dipartita dell'ex di turno, a chi lo rimpiange di più o a chi gli canta i morti nel modo più sguaiato e pittoresco. Un ruolo lo giocano i mass media, da sempre avvezzi all'amarcord, condito da un'aneddotica di contorno spesso ricca di fantasia. Le poco originali discussioni che scaturiscono portano in dote sempre le stesse argomentazioni, che vanno dall'odio nei confronti degli ex, all'odio per chi li ha venduti, dal "se stava mejo quanno se stava peggio" fino alla ricerca, a distanza di anni, della causa dell'addio. Roba da Cold case, da feticismo dell'odore di pagine ingiallite di un passato che, purtroppo, non si dimentica mai. E il purtroppo serve a sottolineare che tale passato viene riproposto per causare travasi di bile e rivendicazioni, mai per cullarsi sui vecchi cari ricordi. Quindi, se fanno gol Dzeko e Mkhitaryan, Roma si spacca inutilmente. Non riesce a dimenticare, a evolversi, a tendere verso il futuro restando vigile nel presente. Tutti in piedi sul ponte dei sospiri. A guardare verso il basso gli ex che passano in gondola amoreggiando coi nuovi partner. Sindrome da guardoni nostalgici. A volte, da necrofili.
In the box- @augustociardi75