LR24 (AUGUSTO CIARDI) - C'era una volta una Roma che vendeva e comprava, sistemava i conti creando plusvalenze e otteneva quasi sempre piazzamenti, ma così facendo non permetteva di andare oltre il rodaggio a una squadra il cui spogliatoio aveva le porte girevoli. Era una Roma che non riscuoteva consensi (eufemismo) perché non conosceva la parola empatia, ma seguiva alla lettera i dettami del fair play finanziario. Si correva sul filo del rasoio, perché bastava una campagna acquisti-cessioni sbagliata per far saltare il banco. E, infatti, solenne e devastante, arrivò l'estate del 2018, quella del grande sfacelo, quella post semifinale di Champions League.
Poi è cambiata proprietà e la Roma ha smesso di vendere e comprare in modo quasi compulsivo. Per scelta di discontinuità rispetto al modo di fare precedente. E perché le maglie del FFP si erano nel frattempo allargate, l'Uefa si adeguava alla crisi pandemica. Mantenere e ritoccare, aggiungere e semmai epurare. Meno angoscia per i tifosi causata dalla paura di perdere i beniamini, che faceva sudare più del solleone ma, in campionato si registravano (registrano) una serie di piazzamenti scadenti.
No, questo non è un pezzo per capire se fossero "mejo Pallotta e Sabatini o Friedkin e Pinto" o se "se stava mejo co' Petrachi rispetto a Fienga", (tralasciando giudizi su Monchi, che metterebbe d'accordo praticamente tutti). Perché di amarcord rusticani ne abbiamo piene le tasche e le scatole.
Altrove cambiano proprietà, dirigenze e allenatori, elaborano lutti per le partenze dei calciatori, ma guardano avanti. Qua c'è sempre qualcuno pronto a ricordarti Zamblera o che la Roma è sopravvissuta pure alle partenze di Di Bartolomei e Ancelotti. Non ho detto gioia, ma noia, noia, noia. Restiamo aggrappati al presente per provare a capire cosa ci aspetta in futuro. Concentriamoci sulla rosa attuale senza sciorinare aneddoti sulle partenze di Nainggolan, Strootman e Lamela. Basta. Pietà.
Quanto appeal hanno i calciatori della Roma? Ipotizziamo fossero tutti sul mercato, quale cartellino provocherebbe aste? Se la risposta è nessuno, chiediamoci perché. Soltanto per il livello basso dei cedibili o perché molti, anche i più noti, sono invendibili?
Dal 2019-2020 la Roma ha collezionato in uscita una serie di prestiti con diritti di riscatto che salvo rare occasioni non sono mai stati esercitati. Non è facile piazzare calciatori con valore a bilancio e stipendi alti ma dal rendimento basso. Ancora più complicato piazzare calciatori dal rendimento basso e poco graditi a un top coach come Mourinho. Prendiamo i casi di Villar e Diawara. Il primo girovaga senza pace, non sapendo imporsi neanche nella peggiore Sampdoria degli ultimi quindici anni. L'altro alla fine ha accettato l'Anderlecht dopo una sfilza di proposte rifiutate. Perché? Perché era entrato nell'accordo quadro col Napoli per l'operazione Manolas, ha firmato con la Roma a cifre insensate, un ingaggio superiore ai 2 milioni dopo tre anni da comparsa in Campania.
E quest'anno? Il rischio è ancora più alto, perché a Trigoria ci si rende conto che la squadra non solo non ha un apporto all'altezza dalle seconde e terze linee, ma non ha registrato la crescita dei senatori, quelli che da tre, quattro e cinque anni sono titolari più o meno inamovibili. O che già vanno annoverati fra gli acquisti sbagliati. Non hanno colpa Shomurodov e Viña se in due sono costati 30 milioni di euro. Dell'uzbeko ci ricordiamo finora il gol sbagliato a Reggio Emilia e belle realizzazioni in Nazionale contro Kazakistan e altre selezioni improbabili. Di Viña ci rimarrà la professionalità. Indiscutibile. Pagata però 13 milioni di euro. Chi si avvicina a loro li cerca in prestito e chiede alla Roma di pagare parte dello stipendio. Pescando nel mazzo sperando nella resurrezione, ma sapendo quasi con certezza che il prestito rimarrà secco e che a fine stagione i calciatori verranno rispediti al mittente.
Ma il vero problema rischia di essere la gestione dei presunti big, dei senatori. La Roma è scesa a patti con Nyon, tanto guadagno, tanto posso spendere, dentro uno, fuori almeno un altro. "Ipotizziamo" che Mourinho fosse disposto a privarsi di qualche titolare. Ipotizziamo, eh...Di qualcuno che "ma ti pare che Mourinho se ne vuole privare?". E se una volta tolte le etichette da incedibili si scoprisse che sono invendibili? Roma è madre e matrigna. Elegge a eroi indefessi calciatori normalissimi ma a volte tratta da fessi giocatori di caratura internazionale. Però il problema non sempre sta in piazza. Spesso nasce negli uffici. Perché mentre la squadra in campionato continua ad avere un rendimento al massimo da zona Europa League, vengono pagati stipendi da Champions se non addirittura da Triplete. Fuori i nomi.
Nelle ultime estati quale club si è scalmanato per portarsi via Zaniolo, Pellegrini, Mancini, Cristante e Spinazzola? Non serve spulciare Google, la risposta è semplice e spietata. Nessuno. Perché? Tre voci: rendimento, età, stipendio. Mentre noi ci lecchiamo i baffi per i "potenziali valori futuri", per gli assist da calcio d'angolo, per i petto a petto a gioco fermo, per le geometrie banali e inoffensive a centrocampo, per una manciata di buone prestazioni in azzurro dei nostri eroi, mentre ci autospaventiamo temendo che arrivi l'inglese milionario a scipparci Zaniolo o preghiamo che vengano tolte le clausole di rescissione, altrove hanno altri pensieri.
Non è un attacco allo zoccolo duro della Roma, chiamiamolo rimprovero. Fra quelli nominati ce ne sono alcuni dal talento cristallino. Ma la vita è fatta di salti di qualità, soprattutto se sei giovane, forte, amato e ben remunerato. E soprattutto se un club, magari di concerto con il proprio allenatore di livello, si dovesse rendere conto che è giunta l'ora dei saluti non soltanto per gli invendibili conclamati. Ma anche per qualcuno dei presunti, probabilmente, ex incedibili.
La Roma aggiungendo Dybala, Matic e Wijnaldum era convinta di farlo quel maledetto salto di qualità. Grazie soprattutto alla crescita di chi ha arredato negli anni la comfort zone, salvo mettere fuori il capino per provare l'ebrezza della vittoria, a Tirana. E invece no.
A oggi la constatazione è fastidiosa. Anzi, alla voce delusione per ora si aggiunge quella per Abraham, che dopo le vacanze sembra abbia mandato il cugino al suo posto. Tre mesi fa serviva il lexotan per frenare gli sbalzi di pressione causati dalla paura che il Chelsea nel 2023 se lo potesse riprendere pagando 80 milioni. E poi cos'è successo? Aspettami (ma fino a quando?) oppure dimenticami, come cantavano i Tiromancino, ma in tal caso diventerebbe difficile dimenticare chi non può partire non per veti la per assenza di offerte, se non al ribasso. Perché chi si avvicina interessato non può non mettere in conto una serie di ingaggi monstre elargiti negli anni dalla società. Un bel problema. Che, seguite il consiglio, dovrebbe spostare l'attenzione. Non vi accalorate più di tanto per il mercato di gennaio. I veri nodi sul futuro andranno sciolti a inizio estate, se non addirittura in tarda primavera...
In the box - @augustociardi