RAI RADIO 1 - Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo Paparelli (il tifoso della Lazio ucciso da un razzo lanciato dalla Curva Sud poco prima del fischio d'inizio derby del 28 ottobre 1979), ha commentato gli spiacevoli episodi verificatisi durante la stracittadina di Coppa Italia di mercoledì. Ecco le sue parole: "Le due squadre non si meritano un atteggiamento del genere da parte dei tifosi. Sicuramente i calciatori sono i primi a dover dare il buon esempio, però abbiamo assistito a uno spettacolo veramente brutto e abbiamo fatto una figuraccia davanti a tutta l'Italia intera".
Qualcosa è cambiato negli stadi? E cosa si può fare per combattere la violenza?
"Negli ultimi anni ho assistito a una maturazione e a un senso di responsabilità da parte delle tifoserie sia di Roma che di Lazio molto importanti, era da tempo che non vedevamo qualcosa del genere all'interno di uno stadio. Purtroppo io non ho la soluzione. Quello che posso dire è che è solo una partita di calcio, si parla di sport che vuol dire andare allo stadio, divertirsi, si vince e si perde, questi sono i valori alla base dello sport che bisognerebbe inculcare alle tifoserie. Lo sfottò guai a togliercelo, ma la bacchetta magica non ce l'ho. Bisogna trasmettere ai giovani i valori dello sport: si può vincere, si può perdere, ma sempre a testa alta".
C'è un problema di estremismo politico nelle curve?
"Mi auguro proprio di no. La politica e la violenza non c'entrano nulla, allo stadio si fa per tifare punto e basta. Mi auguro che questo non sia stato l'aspetto che abbia determinato poi gli scontri, sennò facciamo un tuffo nel passato. Bisogna avere un po' più responsabilità quando si va allo stadio: un ragazzo ha perso l'orecchio, un altro è stato accoltellato, siamo andati vicini al morto".